lunedì 5 dicembre 2011

La teoria economica e il monetarismo Neo-liberale.




C’è il fondato sospetto e per molti è già certezza che la teoria economica Neo-liberale non sia neanche da considerarsi una teoria economica, bensì un’elaborata strategia militare di conquista di nazioni straniere attraverso l’impiego della finanza anziché  dell’esercito in armi. Si tratta in definitiva di impiegare l’arma finanziaria al posto di quella militare. Si è dimostrata  molto più economica e sicura dell’ opzione militare stessa ,e di gran lunga più flessibile e controllabile.
Ma quale è il fine?
Lo scopo è il più antico del mondo ed il più perseguito dalla specie umana, depredare i beni altrui, ridurre in schiavitù, ottenere potere attraverso l’altrui assoggettamento , nonché agi e ricchezze con il minimo sforzo possibile ,  evitando i rischi connessi a tale attività.
Perché è plausibile che non si tratti di teoria economica?
In primo luogo non esiste paese che avendola applicata abbia tratto dei vantaggi economici reali, e quei paesi che l’hanno propagandata ( in primis USA ed Inghilterra) non erano realmente neoliberisti . Lo scopo era ed è quello di imporlo ad altri paesi e non a se stessi, in modo tale da indebolirne le difese economiche  e  permetterne così la conquista  attraverso la privatizzazione delle imprese di produzione  di beni e servizi nazionali, nonché l’espropriazione delle risorse naturali. E’ pura e semplice politica di espansione economica nazionale, attuata con mezzi diversi . Chi si è opposto ha dovuto subire  la minaccia militare, e altre volte anche l’azione militare.
Le prove di quanto affermato possono essere sia deduttive sia induttive, e queste è possibile trarle soprattutto dal terreno della realtà. A tale proposito è utile citare un brano tratto dal libro di Loretta Napoleoni “ Il Contagio” , ed ecco cosa  determina il neoliberismo:
-Le prove generali delle rivolte arabe, mediorientali ed europee sono avvenute in Sud America dieci anni fa, solo che allora non esistevano i social media e quindi non c’è ne siamo accorti. In realtà si tratta della stessa pandemia democratica, che ha impiegato anni ad attraversare l’oceano. La matrice è infatti sempre la solita: il rifiuto da parte della popolazione del modello neo-liberista che poggia sulla privatizzazione dei beni dello stato e sulla concomitante spesa pubblica.                  Sulla carta non c’è nulla da obbiettare , il neo-liberismo prende piede ( lei comunque ritiene si tratti  di una teoria economica ,pur dimostrando che nella realtà non funziona) quando l’esperimento dello Stato assistenziale , il Welfare State, è già fallito. Molte delle critiche mosse al vecchio modello sono valide e fondate. Il problema è l’applicazione del nuovo canovaccio economico da parte di un élite che lo manipola a suo vantaggio. (Chiara dimostrazione che non è una teoria economica ma una strategia di aggressione ai beni comuni e alle sovranità nazionali da parte di mercati manipolati). L’alleanza che nasce tra potere politico ed economico per promuovere la nuova dottrina degenera presto in un accordo  tacito per fare i propri interessi, invece di favorire la crescita economica e il benessere della popolazione (c’era da dubitarne?).        Però nessuno se ne rende conto (una strategia ben congegnata deve rendersi invisibile). E’ la prima volta nella storia che un simile accordo viene stretto alla luce del sole, molti elettori se ne rallegrano vedendovi la riprova che qualcosa è cambiato dai tempi dell’emergenza dello Stato nell’economia ( anche in Europa accade oggi la stessa cosa , e in Italia con la rassegnata convinzione che da questa emergenza si esce appunto introducendo massicce dosi di Neo-liberismo.) In effetti , qualcosa è davvero cambiato. Ora è l’economia ad ingerire lo stato  (come volevasi dimostrare) surclassandone le funzioni e strangolando i suoi cittadini.                                      Invece di facilitare la democratizzazione dell’economia attraverso privatizzazioni e liberalizzazioni, infatti il credo neoliberista cementa il potere delle élite, che diventano moderne caste e deviano la crescita verso il portafoglio di una piccola percentuale della popolazione ( aggiungerei anche l’espropriazione della sovranità nazionale attraverso la migrazioni di risorse naturali e capitali verso altri paesi): L’un per cento   di quella mondiale intasca più della metà della ricchezza prodotta. Uno dei sintomi di questa devianza è dunque la sperequazione dei redditi(redistribuzione dal basso verso l’alto). Quella che ci viene proposta come la formula magica del benessere ,(forse non si tratta di una teoria economica??) nel decennio del thatcherismo e del reaganismo , ha effettivamente qualcosa di taumaturgico: fa vincere le elezioni a chi la sa applicare. Ma a livello economico e sociale produce, prima nella periferia dell’impero e poi al centro , solo crisi (C.V.D.). Questa è una verità che i burocrati delle organizzazioni internazionali (FMI ,BM, WTO, BCE ,etc..)non ammetteranno mai (chissà perché? Eppure a questi burocrati non mancano né titoli accademici ne ruoli di primo piano nell’economia mondiale). E i politici nemmeno, nonostante abbiano assistito negli ultimi venti anni a ripetute prove generali della crisi ( ma li avete osservato bene questi politici? Quei pochi che sanno sono affaccendati a fare i soldi, e la maggior parte dei rimanenti sono soltanto delle comparse, in un film di cui ignorano perfino la trama)  del debito sovrano che oggi colpisce il cuore dell’impero (Chi di spada ferisce di spada perisce). Nel 1994-1995 è la volta del Messico , pochi anni dopo, nel 1998 tocca alla Russia, nel 1997-1998 ai Paesi Asiatici , dopo il crollo dell’Argentina va in fallimento l’Ecuador ,nel 2008 l’Islanda e adesso sono i PIIGS a rischiare grosso. La verità è che la storia economica della globalizzazione non è un epica di vittorie e progressi ma un racconto dell’orrore, popolato da vampiri in gessati firmati, che dalle piazze affari occidentali succhiano ricchezza a chiunque (chissà dove la porteranno poi?) sia tanto stupido da credere alle loro proiezioni. Un ladrocinio in guanti bianchi ,insomma. Ma anche loro i Chicago Boys, i rampanti agenti di cambio ,i venditori dei derivati , sono solo marionette e raccolgono come molti politici le briciole della grande abbuffata neo-liberista.-
P.S. Le annotazioni fra parentesi sono  mie.
Quanto sopra è una breve ma magistrale narrazione di come il neo-liberismo inteso come scienza economica non abbia mai funzionato. Ciò che più stupisce nonostante le ripetute prove negative a cui assistiamo quotidianamente, è la credenza fideistica dei suoi sostenitori. Essi riuniti nelle varie associazioni concentrate soprattutto in occidente (i Think Thank  del pensiero neoliberale) continuano ostinatamente a pretendere di piegare le popolazioni al loro credo, come se si trattasse di una evangelizzazione forzata. Pretendono di piegare le nazioni ai dettami e ai capricci di un mercato finanziario, che è come affidarsi alle corse dei cavalli, o alle scommesse delle corse dei cani o al totip etc.. Pretendono di trattare intere nazioni come se fossero delle imprese . Quando una impresa industriale o di altro tipo è in difficoltà licenzia i propri lavoratori, e quindi non fa passivi, le imprese poi hanno la sola funzione sociale di fare profitti producendo beni e servizi, scaricando i passivi sulla società intera. Ma può una nazione comportarsi allo stesso modo? Può una nazione licenziare i propri cittadini? Può una collettività intera che ha al proprio seguito bambini ,anziani, malati ed altri passivi del genere? Certo che no!
Il più grande divulgatore del neo-liberismo : Milton Friedman
Il secolo scorso ha visto la più grande divulgazione di teorie economiche di tutti i tempi, siamo passati dal liberismo al capitalismo con la nascita del comunismo di Karl Marx, al Keynesismo dopo la seconda guerra mondiale, e con l’ascesa a potenza militare economica degli USA siamo approdati al neo-liberismo, e in particolar modo all’introduzione nel mondo della teoria più importante di Milton Friedman “Il monetarismo”.
Con il monetarismo la teoria economica Liberale nonché ideologia politica fa un salto di qualità, fino ad essere ritenuta da molti vera e propria scienza, e gli viene dato l’appellativo - Neo-liberismo-. Negli anni sessanta Friedman e Anna Schwartz  pubblicarono un importante lavoro, “Storia monetaria degli USA dal 1867 al 1960”, dove sostenevano che “L’inflazione è sempre e dovunque un fenomeno monetario”. Questo testo è divenuto una sorta di bibbia per i neo-liberisti. Il mondo intero dopo gli anni ottanta ha adottato formule economiche estratte da questo studio, ritenendole sicure , in quanto provate da studi scientifici .
*La Banca Centrale Europea basa ufficialmente la sua politica su teorie monetariste, perseguendo l'obiettivo della stabilità dei prezzi (lotta all'inflazione) attraverso la regolazione dell'offerta di danaro.
Friedman ritiene che la domanda di moneta sia una funzione stabile di parametri economici conosciuti, e pertanto regolando attraverso la banca centrale la quantità di denaro in circolazione è possibile determinare il buon andamento dell’economia. Lo stato dovrebbe fare soltanto questo e poche altre cose, e lasciare al mercato il compito di autoregolarsi, astenendosi da intervenire o meglio interferire nelle cose economiche. Dovrebbe privatizzare i beni e servizi comuni alienabili al libero mercato , che saprà più efficientemente gestirli. Inoltre ritiene che gli amministratori delle aziende devono la loro fedeltà esclusivamente agli azionisti . Pertanto il fine unico è quello di fare profitti per gli azionisti, e devono essere esentati da qualsiasi altro ruolo sociale , o implicazione di carattere etico.
*In economia il monetarismo è una teoria macroeconomica che si occupa principalmente degli effetti dell'offerta di denaro governata dalle banche centrali. Le teorie monetarie, in particolare, hanno come obiettivo il controllo dell'offerta di denaro e considerano l'inflazione come conseguenza di un'offerta di denaro superiore alla domanda.
*Critici del monetarismo sono i neo-Keynesiani, i quali sostenengono che la domanda di denaro è intrinsecamente collegata all'offerta, e diversi economisti conservatori, che sostengono invece l'impossibilità di predire la domanda di denaro.Stiglitz ha teorizzato che la relazione tra l'inflazione e l'offerta di moneta sia debole per l'inflazione ordinaria, mentre tassi elevati di inflazione sono un effetto della spesa pubblica in una situazione in cui la crescita del prodotto interno lordo non riesca ad assorbirla. 
*Note da Wikipedia.
Da un primo esame di tutto questo guazzabuglio si riesce a dedurre che le teorie economiche sono soltanto teorie empiriche non provate, e hanno poca attinenza con la scienza i cui caratteri rigorosi sono difficilmente controvertibili. Inoltre esistono varie correnti di pensiero e già questo impedisce di credere che si tratti di una scienza esatta. In più sentite cosa ha detto Friedman in una intervista del 2003:
*In un'intervista al Financial Times del 6 giugno del 2003 Milton Friedman sembra ripudiare la politica monetarista, affermando che "l'uso della quantità di moneta come obiettivo non è stato un successo" ... "non sono sicuro che oggi la incoraggerei con la stessa forza con cui l'ho fatto in passato."
*Nel 2003 Milton Friedman ha ritrattato molte delle politiche degli '80 basate su obiettivi quantitativi. Nel fare questo egli ha fondamentalmente ammesso che non è facile predire la domanda di moneta, una delle obiezioni delle prime ore al monetarismo.
Ora potremmo stare per ore a parlare di teorie economiche , e  sarebbe sicuramente istruttivo, ma  mi preme arrivati fino qui enfatizzare quanto segue:
1.      Le teorie economiche non sono un fatto scientifico, e pertanto possono essere fallaci. Qualora la loro applicazione dovesse risultare dannosa (come sta avvenendo adesso in Europa) dovrebbero essere abbandonate.
2.      La teoria monetarista sviluppata da Friedman ,è stata fondamentalmente un insuccesso là dove è stata imposta ,e quindi si tratta di un fatto scientifico essenzialmente nel dimostrare che è un fallimento (vedi sistema monetario Europeo).
3.      La globalizzazione attuata con la completa liberalizzazione dei capitali e con la completa rimozione delle protezioni produttive, a una prova empirica sta dimostrando la sua inconsistenza economica anche da un punto di vista degli gli stessi ideatori, sta creando enormi squilibri sia nelle produzioni di beni che nei consumi, e  soprattutto nella finanza, che ad oggi dagli anni ottanta ha raggiunto il valore di dieci volte superiore al valore del P.I.L. mondiale.
4.      Oggi siamo all’anno zero, il momento è topico, e pertanto è tempo di abbandonare le teorie economiche preconfezionate. E’ tempo di pensare a un nuovo sistema economico che tenga conto di ciò che è stato elaborato in passato ,ma che lo riadatti al presente senza preconcetti per nessuno , e senza pensare di avvantaggiare alcuno più di altri. Soprattutto è tempo di smettere di usare queste teorie fallaci come paravento ,per legittimare il furto alle classi medie e medio basse di tutti i paesi del mondo, a favore di una piccola élite di neo-affaristi, a cui preme soltanto l’idea di arricchirsi enormemente attraverso questo sistema.
5.      Ridiamo alla politica il posto che gli spetta, e soprattutto ridiamo al popolo intero il ruolo che gli è stato sottratto , affinché si compia un salto verso una reale democrazia dei molti, salvaguardando gli interessi generali e non quelli particolari.
6.      Per finire c’è da sottolineare l’enorme incoerenza tra l’idea di un sistema liberale, che pretende di dare massima libertà all’economia, e gli effetti che invece si riscontrano. Inoltre il sistema monetarista di Friedman, attualmente in vigore alla BCE (ecco perché non è stato voluto un governo comune per la  politica economica della UE, si pensava di governarne la economia comune attraverso la manipolazione della moneta usando le teorie di Friedman vedi parametri di Maastricht) . Quando esiste un governo che forzosamente  pretende di stabilire e a prescindere quale debba essere il tasso di inflazione, e quanta moneta debba girare nel sistema e diciamolo pure , attraverso meccanismi oscuri decide quale è l’inflazione dei paesi membri , senza un reale rapporto con la realtà, il disastro è solo questione di tempo. Ma cosa c’è di più illiberale di un sistema che viene forzato ad andare in una data situazione economica? E che pretende di dettare alcune regole economiche importanti, come la liberazione forzosa dei capitali, l’apertura completa dei mercati senza approntare alcuna difesa , e inoltre impone veti e divieti , come l’impossibilità da parte delle popolazioni di potere decidere se aderire oppure no, il divieto di rinegoziare il debito quando diviene troppo elevato, il divieto tassativo di creare un pò di sana inflazione che attualmente risolleverebbe almeno nel breve il problema finanziario ed economico. Come si può essere liberi se qualcuno detta le sue regole per questa libertà?? E quanto può essere rappresentativa una democrazia che perde la propria sovranità a favore dei mercati? E poi come è possibile vivere e progettare una vita con questa continua minaccia finanziaria?
7.      Oggi la miscela esplosiva è pronta ad esplodere , esattamente come nella cronistoria di L. Napoleoni , quando si trattò degli altri paesi. L’instabilità sociale dell’occidente intero sarà una costante dei prossimi anni, e la crescita sarà un vero miraggio compresa per la Germania che tanto si vanta di volere dettare le regole.
Per finire mi preme introdurre un altro attore in questo breve racconto: Noam Chomsky, dalla cui critica al neo-liberismo è scaturita l’idea di questo pezzo.
Noam Chomsky è ritenuto negli USA uno tra i dieci più importanti intellettuali del paese. Professore emerito di linguistica al Massachusetts Institute of Technology è riconosciuto come il fondatore della grammatica generativo-trasformazionale, spesso indicata come il più rilevante contributo alla linguistica teorica del XX secolo.
Si tratta di una persona impegnata anche politicamente , ed è proprio da questo suo impegno ormai più che trentennale che si basano tutta una serie di idee e posizioni circa la politica estera di molti paesi occidentali tra cui gli USA, ritengo infatti che la sua critica al neo-liberismo e quindi anche al monetarismo di Friedman abbia solide basi  e argomentazioni, basate su osservazioni reali della attuale situazione socio politico in cui viviamo.
Per fare questo inserisco un testo la cui lettura chiarisce molto bene di quale critica si Tratta:

*La critica al neoliberismo di Noam Chomsky

Autore: Matteo De Laurentis / Fonte: rebelion.org
“Crisi globale dell’economia”, è questa una delle espressioni più diffuse che hanno riempito le prime pagine dei giornali e i titoli dei telegiornali negli ultimi tre anni (dal 2009-2011). Perché? Che cosa è successo?
Esiste un metodo di analisi che possa mostrare in maniera semplice se non i meccanismi dettagliati di questa crisi, almeno le caratteristiche generali e intrinseche del complesso economico-politico che pare essere franato tutto d’un colpo?
Attraverso lo studio della critica di Noam Chomsky al neoliberismo contemporaneo la risposta più plausibile è che il sistema fosse destinato a tale fine; l’analisi del linguista statunitense, infatti, pare essere uno strumento in grado di darci un criterio per disegnare questo quadro, grazie alla descrizione di un rapporto biunivoco tra politica ed economia.
Il punto di partenza è, dunque, la critica al neoliberismo, concetto guida dell’economia degli ultimi decenni. Ma cosa si intende per neoliberismo?
La definizione teorica di questo termine è: una dottrina economica che sostiene la liberazione dell'economia dallo Stato, la privatizzazione dei servizi pubblici, la liberalizzazione di ogni settore non strategico e la fine di ogni chiusura doganale; in sintesi, la teoria economica del mercato del globale che secondo le analisi degli economisti ha fallito, come spiega in modo esplicito, Duccio Cavalieri, professore ordinario di economia dell’Università di Firenze:
“In breve, la crisi ha evidenziato la mancanza nel sistema capitalistico attuale di validi meccanismi di autoregolazione del mercato. In questo senso, si può certamente parlare di fallimento del neoliberismo..”
Ma questo sistema economico funziona davvero così? Realmente risulta essere svincolato dalle politiche statali e fondato su una vera autoregolazione del mercato?
Da qui prende le mosse lo studio di Chomsky. A suo parere, infatti, il primo passo per comprendere una catena economica è sicuramente la struttura politica in cui essa si muove.
L’autore inizia la sua riflessione dalla fine della II guerra mondiale, vero e proprio nodo storico verso la struttura attuale delle relazioni internazionali.
Egli ci descrive gli anni che in scienza politica sono definiti del bipolarismo, dove gli Stati Uniti si presentavano come leader globali per potenza e ricchezza, con l’auspicio di mantenere tale ruolo ed estendere il loro sistema economico in quella che era chiamata la “Grande Area”, ossia tutta la porzione del globo al di fuori del blocco sovietico. In che modo gli Stati Uniti volessero imporre il proprio dominio, Chomsky lo ricava da un memorandum rimasto a lungo segreto, lo Studio di Pianificazione Politica n° 23, scritto da George Kennan, capo dell’ufficio programmazione del Dipartimento di Stato, nel 1948. La sintesi di esso è che, al fine di mantenere la superiorità conseguita, le strategie avrebbero dovuto privilegiare una politica di potenza, libera da sentimentalismi e ideologie quali ad esempio l’idea che il governo fosse responsabile del benessere di tutta la popolazione, o la difesa dei diritti umani, perché l’unico interesse da difendere era quello statunitense, ossia, come Chomsky stesso sottolinea, le necessità dell’economia americana. Egli ricava, dunque, da queste linee guida, la chiave per interpretare tutte le azioni militari degli USA dopo la II guerra mondiale. Ad ogni zona della “Grande Area”, infatti, era stato affidato un ruolo, e se uno stato all’interno di essa si fosse rifiutato di svolgerlo, l’intervento americano sarebbe stato immediato, come la guerra del Vietnam ben dimostra.
Questo prima parte di analisi suggerisce, pertanto, un primo paletto da porre alla definizione di neoliberismo. Se la scacchiera mondiale è soggetta in questi termini alla politica dello stato leader, infatti, il concetto di libero mercato trova un primo concreto ostacolo.
L’analisi di Chomsky non si ferma qui comunque, ma anzi indica un’altra tappa storica fondamentale per comprendere lo stato attuale delle cose, prettamente legata alla realtà finanziaria. L’anno è il 1971, quando una profonda accelerazione verso il neoliberismo contemporaneo fu causato dalla decisione dell’amministrazione Nixon di smantellare il sistema economico mondiale nato dagli accordi di Bretton Woods (1944), abolendo la convertibilità del dollaro. Vediamo perché:
“Gli accordi di Bretton Woods miravano a controllare il flusso dei capitali. Nel secondo dopoguerra, quando Stati Uniti e Gran Bretagna hanno creato questo sistema, c’era un gran desiderio di democrazia. Il sistema doveva preservare gli ideali sociali democratici, in sostanza lo Stato previdenziale. Per farlo occorreva controllare i movimenti di capitali. Se li si lascia andare liberamente da un paese all’altro, arriva il giorno in cui le istituzioni finanziarie sono in grado di determinare la politica degli Stati. Costituiscono quello che viene chiamato “Parlamento Virtuale”: senza avere un’esistenza reale, sono in grado di incidere sulla politica degli Stati con la minaccia di ritirare i capitali e con altre manipolazioni finanziarie.[...] Così in tutto il mondo, si assiste da allora a un declino del servizio pubblico, alla stagnazione o al calo dei salari, al deterioramento delle condizioni di lavoro, all’aumento delle ore lavorative.”
A seguito di queste affermazioni, la rete politico-economico risultante si profila così: da un lato una politica unilaterale imposta dal leader globale al resto del pianeta, dall’altro la possibilità per i flussi di capitale di muoversi liberamente all’interno di questo spazio. Il disegno non è ancora concluso, ma è importante notare, a questo punto, una considerazione ovvia ma degna di essere esplicata: a chi appartengono questi capitali liberi di muoversi all’interno del sistema? Ovviamente alle grandi multinazionali, in particolare quelle americane.
Ma perché questo libero flusso di capitali, ha causato nel corso degli anni un costante impoverimento della popolazione, una riduzione dei salari e il declino del servizio pubblico?
La spiegazione può essere formulata attraverso tre valutazioni.
Consideriamo, in primo luogo, il libero movimento dei capitali: è questo il fattore principale che negli anni ha determinato la costante contrazione dei salari e il calo del loro potere d’acquisto. Questo perché la possibilità di spostare il denaro senza barriere è divenuta una delle più potenti armi delle imprese da schierare contro le richieste delle associazioni dei lavoratori per un miglioramento delle loro condizioni di retribuzione o di lavoro in generale. La semplice possibilità di poter minacciare di trasferire la produzione a proprio piacimento, o averla spostata in luoghi dove il costo della manodopera era decisamente inferiore, ha progressivamente annichilito le rivendicazioni della classe lavoratrice, posta in una condizione di precarietà sempre crescente.
La seconda domanda da porsi è: da dove arrivano questi enormi capitali che i gruppi di potere, gli investitori, spostano a loro piacimento e senza porsi troppe domande? Chomsky risponde e dimostra che la risposta è “dallo Stato”. Si può definire questo passaggio come cruciale nell’analisi della Sua critica al neoliberismo, perché esso spiega due fatti:
A) il neoliberismo è pura teoria, l’economia reale è profondamente influenzata dagli stati;
B) le industrie delle multinazionali americane hanno sempre sovvenzioni o finanziamenti statali, pertanto mentre i profitti sono privati, i costi e i rischi gravano sulla popolazione.
Per spiegare il primo punto, Chomsky sottolinea come i due principali propugnatori internazionali del neoliberismo, USA e Gran Bretagna, in particolare a partire dagli anni ’80, nelle figure dell’allora presidente Ronald Reagan e del Primo Ministro Margaret Tatcher, abbiano sempre attuato misure protezionistiche di grande portata a difesa dei loro mercati interni. Analizzando il bilancio dell’amministrazione Reagan pubblicato sulla rivista “Foreign Affairs”, l’autore afferma che “egli fu il regista della più grande svolta verso il protezionismo mai verificatasi a partire dagli anni trenta.”
Alla luce di queste considerazioni, e in relazione all’analisi della politica internazionale statunitense fatta in precedenza, possiamo quindi affermare che se si può parlare di neoliberismo, esso va definito unilaterale. L’azione internazionale statunitense apre la strada agli investimenti delle sue grandi aziende, impone le modalità di governo e le politiche necessarie per favorirle e, nello stesso tempo, le mette al riparo dalle possibili conseguenze negative che il sistema da loro imposto potrebbe causare di riflesso.
Oltre ad essere protette dall’esterno, però, le grandi multinazionali sono difese dalla politica anche all’interno dei loro stati. Infatti, le misure protezionistiche garantiscono loro il mercato su cui far rifluire i prodotti (oltre a quello creato all’estero), godono di una legiferazione che gli garantisce, spesso, più diritti di un singolo individuo (per fare un esempio si consideri in Italia la Legge Maroni) e ottengono il denaro da investire da sovvenzioni statali, fatto totalmente contrario alla teoria neoliberista.
In questo senso, quindi, Chomsky afferma che i profitti sono privati ma i costi e rischi sono pubblici, socializzati.
Il risultato di queste analisi evidenzia tre caratteristiche fondamentali:
A) il progressivo impoverimento delle popolazioni degli stati potenti, poiché su di esse gravano i costi militari, i finanziamenti alle multinazionali e il progressivo calo dei salari;
B) lo sfruttamento delle aree più arretrate del pianeta, che fungono da bacino di risorse, umane e materiali, sia per la produzione sia per la creazione di nuovi mercati;
C) l’alleanza “Stato-Capitalismo” come arma di difesa.
Se il quadro era ed è questo, non era forse destino che la crisi mondiale, che oggi ci investe, piombasse sulle nostre teste? Certamente, come afferma Cavalieri, questo “neoliberismo” ha fallito.
Ha forse ragione Noam Chomsky, quando afferma che la comprensione della politica e dell’economia è alla portata di tutti, se si smaschera la retorica che le circonda e si raccontano i fatti per quello che sono?

Antonino Costa                                                              5 Dic. 2011