C’è il
fondato sospetto e per molti è già certezza che la teoria economica
Neo-liberale non sia neanche da considerarsi una teoria
economica, bensì un’elaborata strategia militare di conquista di nazioni
straniere attraverso l’impiego della finanza anziché dell’esercito in armi. Si tratta in
definitiva di impiegare l’arma finanziaria al posto di quella militare. Si è
dimostrata molto più economica e sicura
dell’ opzione militare stessa ,e di gran lunga più flessibile e controllabile.
Ma quale è il fine?
Lo scopo è
il più antico del mondo ed il più perseguito dalla specie umana, depredare i
beni altrui, ridurre in schiavitù, ottenere potere attraverso l’altrui
assoggettamento , nonché agi e ricchezze con il minimo sforzo possibile , evitando i rischi connessi a tale attività.
Perché è plausibile che non si tratti
di teoria economica?
In primo
luogo non esiste paese che avendola applicata abbia tratto dei vantaggi
economici reali, e quei paesi che l’hanno propagandata ( in primis USA ed
Inghilterra) non erano realmente neoliberisti . Lo scopo era ed è quello di
imporlo ad altri paesi e non a se stessi, in modo tale da indebolirne le difese
economiche e permetterne così la conquista attraverso la privatizzazione delle imprese
di produzione di beni e servizi
nazionali, nonché l’espropriazione delle risorse naturali. E’ pura e semplice
politica di espansione economica nazionale, attuata con mezzi diversi . Chi si
è opposto ha dovuto subire la minaccia
militare, e altre volte anche l’azione militare.
Le prove di
quanto affermato possono essere sia deduttive sia induttive, e queste è
possibile trarle soprattutto dal terreno della realtà. A tale proposito è utile
citare un brano tratto dal libro di Loretta Napoleoni “ Il Contagio” , ed ecco
cosa determina il neoliberismo:
-Le prove
generali delle rivolte arabe, mediorientali ed europee sono avvenute in Sud
America dieci anni fa, solo che allora non esistevano i social media e quindi
non c’è ne siamo accorti. In realtà si tratta della stessa pandemia
democratica, che ha impiegato anni ad attraversare l’oceano. La matrice è
infatti sempre la solita: il rifiuto da parte della popolazione del modello
neo-liberista che poggia sulla privatizzazione dei beni dello stato e sulla
concomitante spesa pubblica.
Sulla carta non c’è nulla da obbiettare , il neo-liberismo prende piede
( lei comunque ritiene si tratti di una
teoria economica ,pur dimostrando che nella realtà non funziona) quando
l’esperimento dello Stato assistenziale , il Welfare State, è già fallito.
Molte delle critiche mosse al vecchio modello sono valide e fondate. Il
problema è l’applicazione del nuovo canovaccio economico da parte di un élite
che lo manipola a suo vantaggio. (Chiara dimostrazione che non è una teoria
economica ma una strategia di aggressione ai beni comuni e alle sovranità
nazionali da parte di mercati manipolati). L’alleanza che nasce tra potere
politico ed economico per promuovere la nuova dottrina degenera presto in un
accordo tacito per fare i propri
interessi, invece di favorire la crescita economica e il benessere della
popolazione (c’era da dubitarne?).
Però nessuno se ne rende conto (una strategia ben congegnata deve
rendersi invisibile). E’ la prima volta nella storia che un simile accordo
viene stretto alla luce del sole, molti elettori se ne rallegrano vedendovi la
riprova che qualcosa è cambiato dai tempi dell’emergenza dello Stato
nell’economia ( anche in Europa accade oggi la stessa cosa , e in Italia con la
rassegnata convinzione che da questa emergenza si esce appunto introducendo
massicce dosi di Neo-liberismo.) In effetti , qualcosa è davvero cambiato. Ora
è l’economia ad ingerire lo stato (come volevasi dimostrare) surclassandone le
funzioni e strangolando i suoi cittadini. Invece di
facilitare la democratizzazione dell’economia attraverso privatizzazioni e
liberalizzazioni, infatti il credo neoliberista cementa il potere delle élite,
che diventano moderne caste e deviano la crescita verso il portafoglio di una
piccola percentuale della popolazione ( aggiungerei anche l’espropriazione
della sovranità nazionale attraverso la migrazioni di risorse naturali e
capitali verso altri paesi): L’un per cento
di quella mondiale intasca più della metà della ricchezza prodotta. Uno
dei sintomi di questa devianza è dunque la sperequazione dei
redditi(redistribuzione dal basso verso l’alto). Quella che ci viene proposta
come la formula magica del benessere ,(forse non si tratta di una teoria
economica??) nel decennio del thatcherismo e del reaganismo , ha effettivamente
qualcosa di taumaturgico: fa vincere le elezioni a chi la sa applicare. Ma a
livello economico e sociale produce, prima nella periferia dell’impero e poi al
centro , solo crisi (C.V.D.). Questa è una verità che i burocrati delle
organizzazioni internazionali (FMI ,BM, WTO, BCE ,etc..)non ammetteranno mai
(chissà perché? Eppure a questi burocrati non mancano né titoli accademici ne
ruoli di primo piano nell’economia mondiale). E i politici nemmeno, nonostante
abbiano assistito negli ultimi venti anni a ripetute prove generali della crisi
( ma li avete osservato bene questi politici? Quei pochi che sanno sono
affaccendati a fare i soldi, e la maggior parte dei rimanenti sono soltanto
delle comparse, in un film di cui ignorano perfino la trama) del debito sovrano che oggi colpisce il cuore
dell’impero (Chi di spada ferisce di spada perisce). Nel 1994-1995 è la volta
del Messico , pochi anni dopo, nel 1998 tocca alla Russia, nel 1997-1998 ai
Paesi Asiatici , dopo il crollo dell’Argentina va in fallimento l’Ecuador ,nel
2008 l’Islanda e adesso sono i PIIGS a rischiare grosso. La verità è che la
storia economica della globalizzazione non è un epica di vittorie e progressi
ma un racconto dell’orrore, popolato da vampiri in gessati firmati, che dalle
piazze affari occidentali succhiano ricchezza a chiunque (chissà dove la
porteranno poi?) sia tanto stupido da credere alle loro proiezioni. Un
ladrocinio in guanti bianchi ,insomma. Ma anche loro i Chicago Boys, i rampanti
agenti di cambio ,i venditori dei derivati , sono solo marionette e raccolgono
come molti politici le briciole della grande abbuffata neo-liberista.-
P.S. Le
annotazioni fra parentesi sono mie.
Quanto sopra
è una breve ma magistrale narrazione di come il neo-liberismo inteso come
scienza economica non abbia mai funzionato. Ciò che più stupisce nonostante le
ripetute prove negative a cui assistiamo quotidianamente, è la credenza
fideistica dei suoi sostenitori. Essi riuniti nelle varie associazioni
concentrate soprattutto in occidente (i Think Thank del pensiero neoliberale) continuano
ostinatamente a pretendere di piegare le popolazioni al loro credo, come se si
trattasse di una evangelizzazione forzata. Pretendono di piegare le nazioni ai
dettami e ai capricci di un mercato finanziario, che è come affidarsi alle
corse dei cavalli, o alle scommesse delle corse dei cani o al totip etc..
Pretendono di trattare intere nazioni come se fossero delle imprese . Quando
una impresa industriale o di altro tipo è in difficoltà licenzia i propri
lavoratori, e quindi non fa passivi, le imprese poi hanno la sola funzione
sociale di fare profitti producendo beni e servizi, scaricando i passivi sulla
società intera. Ma può una nazione comportarsi allo stesso modo? Può una
nazione licenziare i propri cittadini? Può una collettività intera che ha al
proprio seguito bambini ,anziani, malati ed altri passivi del genere? Certo che
no!
Il più grande divulgatore del
neo-liberismo : Milton Friedman
Il secolo
scorso ha visto la più grande divulgazione di teorie economiche di tutti i
tempi, siamo passati dal liberismo al capitalismo con la nascita del comunismo
di Karl Marx, al Keynesismo dopo la seconda guerra mondiale, e con l’ascesa a
potenza militare economica degli USA siamo approdati al neo-liberismo, e in
particolar modo all’introduzione nel mondo della teoria più importante di
Milton Friedman “Il monetarismo”.
Con il
monetarismo la teoria economica Liberale nonché ideologia politica fa un salto
di qualità, fino ad essere ritenuta da molti vera e propria scienza, e gli
viene dato l’appellativo - Neo-liberismo-. Negli anni sessanta Friedman e Anna
Schwartz pubblicarono un importante
lavoro, “Storia monetaria degli USA dal 1867 al 1960”, dove sostenevano che
“L’inflazione è sempre e dovunque un fenomeno monetario”. Questo testo è
divenuto una sorta di bibbia per i neo-liberisti. Il mondo intero dopo gli anni
ottanta ha adottato formule economiche estratte da questo studio, ritenendole
sicure , in quanto provate da studi scientifici .
*La
Banca Centrale Europea basa ufficialmente la
sua politica su teorie monetariste, perseguendo l'obiettivo della stabilità dei
prezzi (lotta all'inflazione) attraverso la regolazione dell'offerta di danaro.
Friedman ritiene che la domanda di moneta sia una funzione
stabile di parametri economici conosciuti, e pertanto regolando attraverso la
banca centrale la quantità di denaro in circolazione è possibile determinare il
buon andamento dell’economia. Lo stato dovrebbe fare soltanto questo e poche
altre cose, e lasciare al mercato il compito di autoregolarsi, astenendosi da
intervenire o meglio interferire nelle cose economiche. Dovrebbe privatizzare i
beni e servizi comuni alienabili al libero mercato , che saprà più
efficientemente gestirli. Inoltre ritiene che gli amministratori delle aziende devono
la loro fedeltà esclusivamente agli azionisti . Pertanto il fine unico è quello
di fare profitti per gli azionisti, e devono essere esentati da qualsiasi altro
ruolo sociale , o implicazione di carattere etico.
*In economia il monetarismo
è una teoria macroeconomica che si occupa principalmente degli
effetti dell'offerta di denaro governata dalle banche
centrali. Le teorie monetarie, in particolare, hanno come obiettivo il
controllo dell'offerta di denaro e considerano l'inflazione
come conseguenza di un'offerta di denaro superiore alla domanda.
*
Critici del monetarismo sono i neo-Keynesiani, i quali sostenengono che
la domanda di denaro è intrinsecamente collegata all'offerta, e diversi
economisti conservatori, che sostengono invece l'impossibilità di predire la
domanda di denaro.Stiglitz ha teorizzato che la relazione tra
l'inflazione e l'offerta di moneta sia debole per l'inflazione ordinaria,
mentre tassi elevati di inflazione sono un effetto della spesa pubblica in una
situazione in cui la crescita del
prodotto interno lordo non riesca ad
assorbirla.
*Note da Wikipedia.
Da un primo esame di tutto questo guazzabuglio si riesce a dedurre che le
teorie economiche sono soltanto teorie empiriche non provate, e hanno poca
attinenza con
la scienza i cui
caratteri rigorosi sono difficilmente controvertibili. Inoltre esistono varie
correnti di pensiero e già questo impedisce di credere che si tratti di una
scienza esatta. In più sentite cosa ha detto Friedman in una intervista del
2003:
*In un'intervista al
Financial Times del 6 giugno del 2003 Milton
Friedman sembra ripudiare la politica monetarista, affermando che "l'uso
della quantità di moneta come obiettivo non è stato un successo" ...
"non sono sicuro che oggi la incoraggerei con la stessa forza con cui l'ho
fatto in passato."
*Nel 2003 Milton Friedman ha ritrattato molte delle politiche degli '80
basate su obiettivi quantitativi. Nel fare questo egli ha fondamentalmente
ammesso che non è facile predire la domanda di moneta, una delle obiezioni
delle prime ore al monetarismo.
Ora potremmo stare per ore a parlare di teorie economiche , e
sarebbe sicuramente istruttivo, ma
mi preme arrivati fino qui enfatizzare quanto
segue:
1. Le
teorie economiche non sono un fatto
scientifico, e pertanto possono essere fallaci. Qualora la loro
applicazione dovesse risultare dannosa (come sta avvenendo adesso in Europa)
dovrebbero essere abbandonate.
2. La
teoria monetarista sviluppata da Friedman ,è stata fondamentalmente un insuccesso
là dove è stata imposta ,e quindi si tratta di un fatto scientifico
essenzialmente nel dimostrare che è un fallimento (vedi sistema monetario
Europeo).
3. La
globalizzazione attuata con la completa liberalizzazione dei capitali e con la
completa rimozione delle protezioni produttive, a una prova empirica sta
dimostrando la sua inconsistenza economica anche da un punto di vista degli gli
stessi ideatori, sta creando enormi squilibri sia nelle produzioni di beni che
nei consumi, e soprattutto nella
finanza, che ad oggi dagli anni ottanta ha raggiunto il valore di dieci volte
superiore al valore del P.I.L. mondiale.
4. Oggi
siamo all’anno zero, il momento è topico, e pertanto è tempo di abbandonare le
teorie economiche preconfezionate. E’ tempo di pensare a un nuovo sistema
economico che tenga conto di ciò che è stato elaborato in passato ,ma che lo
riadatti al presente senza preconcetti per nessuno , e senza pensare di
avvantaggiare alcuno più di altri. Soprattutto è tempo di smettere di usare
queste teorie fallaci come paravento ,per legittimare il furto alle classi
medie e medio basse di tutti i paesi del mondo, a favore di una piccola élite
di neo-affaristi, a cui preme soltanto l’idea di arricchirsi enormemente
attraverso questo sistema.
5. Ridiamo
alla politica il posto che gli spetta, e soprattutto ridiamo al popolo intero
il ruolo che gli è stato sottratto , affinché si compia un salto verso una
reale democrazia dei molti, salvaguardando gli interessi generali e non quelli
particolari.
6. Per
finire c’è da sottolineare l’enorme incoerenza tra l’idea di un sistema
liberale, che pretende di dare massima libertà all’economia, e gli effetti che
invece si riscontrano. Inoltre il sistema monetarista di Friedman, attualmente
in vigore alla BCE (ecco perché non è stato voluto un governo comune per
la politica economica della UE, si
pensava di governarne la economia comune attraverso la manipolazione della
moneta usando le teorie di Friedman vedi parametri di Maastricht) . Quando
esiste un governo che forzosamente
pretende di stabilire e a prescindere quale debba essere il tasso di
inflazione, e quanta moneta debba girare nel sistema e diciamolo pure ,
attraverso meccanismi oscuri decide quale è l’inflazione dei paesi membri ,
senza un reale rapporto con la realtà, il disastro è solo questione di tempo.
Ma cosa c’è di più illiberale di un sistema che viene forzato ad andare in una
data situazione economica? E che pretende di dettare alcune regole economiche
importanti, come la liberazione forzosa dei capitali, l’apertura completa dei
mercati senza approntare alcuna difesa , e inoltre impone veti e divieti , come
l’impossibilità da parte delle popolazioni di potere decidere se aderire oppure
no, il divieto di rinegoziare il debito quando diviene troppo elevato, il
divieto tassativo di creare un pò di sana inflazione che attualmente
risolleverebbe almeno nel breve il problema finanziario ed economico. Come si
può essere liberi se qualcuno detta le sue regole per questa libertà?? E quanto
può essere rappresentativa una democrazia che perde la propria sovranità a
favore dei mercati? E poi come è possibile vivere e progettare una vita con
questa continua minaccia finanziaria?
7. Oggi
la miscela esplosiva è pronta ad esplodere , esattamente come nella cronistoria
di L. Napoleoni , quando si trattò degli altri paesi. L’instabilità sociale
dell’occidente intero sarà una costante dei prossimi anni, e la crescita sarà
un vero miraggio compresa per la Germania che tanto si vanta di volere dettare
le regole.
Per finire mi preme introdurre un altro attore in questo breve racconto:
Noam Chomsky, dalla cui critica al neo-liberismo è scaturita l’idea di questo pezzo.
Noam Chomsky è ritenuto negli USA uno tra i dieci più importanti intellettuali
del paese. Professore emerito di
linguistica
al
Massachusetts Institute of
Technology è riconosciuto come il fondatore della
grammatica generativo-trasformazionale, spesso
indicata come il più rilevante contributo alla
linguistica teorica del
XX secolo.
Si tratta di una persona impegnata anche politicamente , ed è proprio da
questo suo impegno ormai più che trentennale che si basano tutta una serie di
idee e posizioni circa la politica estera di molti paesi occidentali tra cui
gli USA, ritengo infatti che la sua critica al neo-liberismo e quindi anche al
monetarismo di Friedman abbia solide basi
e argomentazioni, basate su osservazioni reali
della attuale situazione socio politico in cui viviamo.
Per fare questo inserisco un testo la cui lettura chiarisce molto bene di
quale critica si Tratta:
*La critica al
neoliberismo di Noam Chomsky
Autore: Matteo De Laurentis / Fonte: rebelion.org
“Crisi globale dell’economia”, è questa una delle
espressioni più diffuse che hanno riempito le prime pagine dei giornali e i
titoli dei telegiornali negli ultimi tre anni (dal 2009-2011). Perché? Che cosa
è successo?
Esiste un metodo di analisi che possa mostrare in maniera
semplice se non i meccanismi dettagliati di questa crisi, almeno le
caratteristiche generali e intrinseche del complesso economico-politico che
pare essere franato tutto d’un colpo?
Attraverso lo studio della critica di Noam Chomsky al
neoliberismo contemporaneo la risposta più plausibile è che il sistema fosse
destinato a tale fine; l’analisi del linguista statunitense, infatti, pare
essere uno strumento in grado di darci un criterio per disegnare questo quadro,
grazie alla descrizione di un rapporto biunivoco tra politica ed economia.
Il punto di partenza è, dunque, la critica al
neoliberismo, concetto guida dell’economia degli ultimi decenni. Ma cosa si
intende per neoliberismo?
La definizione teorica di questo termine è: una dottrina
economica che sostiene la liberazione dell'economia dallo Stato, la
privatizzazione dei servizi pubblici, la liberalizzazione di ogni settore non
strategico e la fine di ogni chiusura doganale; in sintesi, la teoria economica
del mercato del globale che secondo le analisi degli economisti ha fallito,
come spiega in modo esplicito, Duccio Cavalieri, professore ordinario di
economia dell’Università di Firenze:
“In breve, la crisi ha evidenziato la mancanza nel sistema
capitalistico attuale di validi meccanismi di autoregolazione del mercato. In
questo senso, si può certamente parlare di fallimento del neoliberismo..”
Ma questo sistema economico funziona davvero così?
Realmente risulta essere svincolato dalle politiche statali e fondato su una
vera autoregolazione del mercato?
Da qui prende le mosse lo studio di Chomsky. A suo parere,
infatti, il primo passo per comprendere una catena economica è sicuramente la
struttura politica in cui essa si muove.
L’autore inizia la sua riflessione dalla fine della II
guerra mondiale, vero e proprio nodo storico verso la struttura attuale delle
relazioni internazionali.
Egli ci descrive gli anni che in scienza politica sono
definiti del bipolarismo, dove gli Stati Uniti si presentavano come leader
globali per potenza e ricchezza, con l’auspicio di mantenere tale ruolo ed
estendere il loro sistema economico in quella che era chiamata la “Grande
Area”, ossia tutta la porzione del globo al di fuori del blocco sovietico. In
che modo gli Stati Uniti volessero imporre il proprio dominio, Chomsky lo
ricava da un memorandum rimasto a lungo segreto, lo Studio di Pianificazione
Politica n° 23, scritto da George Kennan, capo dell’ufficio programmazione del
Dipartimento di Stato, nel 1948. La sintesi di esso è che, al fine di mantenere
la superiorità conseguita, le strategie avrebbero dovuto privilegiare una
politica di potenza, libera da sentimentalismi e ideologie quali ad esempio
l’idea che il governo fosse responsabile del benessere di tutta la popolazione,
o la difesa dei diritti umani, perché l’unico interesse da difendere era quello
statunitense, ossia, come Chomsky stesso sottolinea, le necessità dell’economia
americana. Egli ricava, dunque, da queste linee guida, la chiave per
interpretare tutte le azioni militari degli USA dopo la II guerra mondiale. Ad
ogni zona della “Grande Area”, infatti, era stato affidato un ruolo, e se uno
stato all’interno di essa si fosse rifiutato di svolgerlo, l’intervento
americano sarebbe stato immediato, come la guerra del Vietnam ben dimostra.
Questo prima parte di analisi suggerisce, pertanto, un
primo paletto da porre alla definizione di neoliberismo. Se la scacchiera
mondiale è soggetta in questi termini alla politica dello stato leader,
infatti, il concetto di libero mercato trova un primo concreto ostacolo.
L’analisi di Chomsky non si ferma qui comunque, ma anzi
indica un’altra tappa storica fondamentale per comprendere lo stato attuale
delle cose, prettamente legata alla realtà finanziaria. L’anno è il 1971,
quando una profonda accelerazione verso il neoliberismo contemporaneo fu
causato dalla decisione dell’amministrazione Nixon di smantellare il sistema
economico mondiale nato dagli accordi di Bretton Woods (1944), abolendo la
convertibilità del dollaro. Vediamo perché:
“Gli accordi di Bretton Woods miravano a controllare il
flusso dei capitali. Nel secondo dopoguerra, quando Stati Uniti e Gran Bretagna
hanno creato questo sistema, c’era un gran desiderio di democrazia. Il sistema
doveva preservare gli ideali sociali democratici, in sostanza lo Stato
previdenziale. Per farlo occorreva controllare i movimenti di capitali. Se li
si lascia andare liberamente da un paese all’altro, arriva il giorno in cui le
istituzioni finanziarie sono in grado di determinare la politica degli Stati.
Costituiscono quello che viene chiamato “Parlamento Virtuale”: senza avere
un’esistenza reale, sono in grado di incidere sulla politica degli Stati con la
minaccia di ritirare i capitali e con altre manipolazioni finanziarie.[...]
Così in tutto il mondo, si assiste da allora a un declino del servizio
pubblico, alla stagnazione o al calo dei salari, al deterioramento delle
condizioni di lavoro, all’aumento delle ore lavorative.”
A seguito di queste affermazioni, la rete
politico-economico risultante si profila così: da un lato una politica
unilaterale imposta dal leader globale al resto del pianeta, dall’altro la
possibilità per i flussi di capitale di muoversi liberamente all’interno di
questo spazio. Il disegno non è ancora concluso, ma è importante notare, a
questo punto, una considerazione ovvia ma degna di essere esplicata: a chi
appartengono questi capitali liberi di muoversi all’interno del sistema?
Ovviamente alle grandi multinazionali, in particolare quelle americane.
Ma perché questo libero flusso di capitali, ha causato nel
corso degli anni un costante impoverimento della popolazione, una riduzione dei
salari e il declino del servizio pubblico?
La spiegazione può essere formulata attraverso tre
valutazioni.
Consideriamo, in primo luogo, il libero movimento dei
capitali: è questo il fattore principale che negli anni ha determinato la
costante contrazione dei salari e il calo del loro potere d’acquisto. Questo
perché la possibilità di spostare il denaro senza barriere è divenuta una delle
più potenti armi delle imprese da schierare contro le richieste delle associazioni
dei lavoratori per un miglioramento delle loro condizioni di retribuzione o di
lavoro in generale. La semplice possibilità di poter minacciare di trasferire
la produzione a proprio piacimento, o averla spostata in luoghi dove il costo
della manodopera era decisamente inferiore, ha progressivamente annichilito le
rivendicazioni della classe lavoratrice, posta in una condizione di precarietà
sempre crescente.
La seconda domanda da porsi è: da dove arrivano questi
enormi capitali che i gruppi di potere, gli investitori, spostano a loro
piacimento e senza porsi troppe domande? Chomsky risponde e dimostra che la
risposta è “dallo Stato”. Si può definire questo passaggio come cruciale
nell’analisi della Sua critica al neoliberismo, perché esso spiega due fatti:
A) il neoliberismo è pura teoria, l’economia reale è
profondamente influenzata dagli stati;
B) le industrie delle multinazionali americane hanno
sempre sovvenzioni o finanziamenti statali, pertanto mentre i profitti sono
privati, i costi e i rischi gravano sulla popolazione.
Per spiegare il primo punto, Chomsky sottolinea come i due
principali propugnatori internazionali del neoliberismo, USA e Gran Bretagna,
in particolare a partire dagli anni ’80, nelle figure dell’allora presidente
Ronald Reagan e del Primo Ministro Margaret Tatcher, abbiano sempre attuato
misure protezionistiche di grande portata a difesa dei loro mercati interni.
Analizzando il bilancio dell’amministrazione Reagan pubblicato sulla rivista
“Foreign Affairs”, l’autore afferma che “egli fu il regista della più grande
svolta verso il protezionismo mai verificatasi a partire dagli anni trenta.”
Alla luce di queste considerazioni, e in relazione
all’analisi della politica internazionale statunitense fatta in precedenza,
possiamo quindi affermare che se si può parlare di neoliberismo, esso va
definito unilaterale. L’azione internazionale statunitense apre la strada agli
investimenti delle sue grandi aziende, impone le modalità di governo e le
politiche necessarie per favorirle e, nello stesso tempo, le mette al riparo
dalle possibili conseguenze negative che il sistema da loro imposto potrebbe
causare di riflesso.
Oltre ad essere protette dall’esterno, però, le grandi
multinazionali sono difese dalla politica anche all’interno dei loro stati.
Infatti, le misure protezionistiche garantiscono loro il mercato su cui far
rifluire i prodotti (oltre a quello creato all’estero), godono di una
legiferazione che gli garantisce, spesso, più diritti di un singolo individuo
(per fare un esempio si consideri in Italia la Legge Maroni) e ottengono il
denaro da investire da sovvenzioni statali, fatto totalmente contrario alla
teoria neoliberista.
In questo senso, quindi, Chomsky afferma che i profitti
sono privati ma i costi e rischi sono pubblici, socializzati.
Il risultato di queste analisi evidenzia tre caratteristiche
fondamentali:
A) il progressivo impoverimento delle popolazioni degli
stati potenti, poiché su di esse gravano i costi militari, i finanziamenti alle
multinazionali e il progressivo calo dei salari;
B) lo sfruttamento delle aree più arretrate del pianeta,
che fungono da bacino di risorse, umane e materiali, sia per la produzione sia
per la creazione di nuovi mercati;
C) l’alleanza “Stato-Capitalismo” come arma di difesa.
Se il quadro era ed è questo, non era forse destino che la
crisi mondiale, che oggi ci investe, piombasse sulle nostre teste? Certamente,
come afferma Cavalieri, questo “neoliberismo” ha fallito.
Ha forse ragione Noam Chomsky,
quando afferma che la comprensione della politica e dell’economia è alla
portata di tutti, se si smaschera la retorica che le circonda e si raccontano i
fatti per quello che sono?
Antonino Costa
5 Dic. 2011